mercoledì 16 aprile 2014

Io Sono il Perlustrato. Poesie di Paul Celan - Ebook Gratuito

La Poesia, Signore e Signori: questa patente d’infinito data a quanto è pura mortalità e vanità! Paul Celan 

In questi versi c'è tutta la poetica di Celan, poeta rumeno di origini ebree, esiliato dalla sua terra, costretto a scrivere in una lingua non sua, storia simile ad un altro influente personaggio del '900, Emil Cioran, altro esule fantasmagorico di una terra troppo martoriata. Celan è il poeta dell'impossibilità dell'espressione di un contenuto, della non-parola, del senso svuotato, di un qualcosa di Tragico che sottende all'Essere, ma che non può essere nominato, anzi non riesce esso stesso a trovarsi un nome, e la sua vita e la sua poesia sono indissolubilmente legate, dato che la sua esperienza umana si concluderà con una tragedia personale, il suicidio, quindi il silenzio del nulla imperscrutabile. In ebraico la parola che indica il nome è "Davar", che allo stesso tempo indica la "cosa", quindi soggetto ed oggetto, il poeta maestro di parole è un veggente che crea. Da queste prime righe si può comprendere come la questione dell'identità sia nella poesia di Celan un tema principale, Atemkristall (Cristallo di respiro) d'altronde è forse la sua opera più complessa, ed è proprio basata su un dialogo tra un Io e un Tu non meglio precisati. La realtà per il poeta non è data a priori, essa va piuttosto conquistata a tastoni, con la fatica delle mani. La poesia si pone al servizio di tale missione, essa ambisce a conquistarsi realtà di fronte ai capricci dell'assurdo, ed offre riparo, identità e senso di fronte alle torsioni surreali della storia. Anche in virtú di ciò il poeta afferma di non scorgere differenza di principio tra un poema e una stretta di mani. Il silenzio è da lui (il poeta) ricercato come humus primigenio che precedendo la parola ed il movimento è il terreno ideale per aprirsi a-limite, la poesia così prende vita in forma autonoma, e il poeta diviene un mezzo per trasmettere questo suono:

Io non ho nome. (Marcisce nella palude umana). 
Io non ho nome e solo quest’una mano. 
(L’altra giace dal nome – essa germoglia, germoglia. 
Con cento dita germoglia: il nome marcisce e marcisce).


Delimitare il limite del dicibile, stabilire un confine porta però con sé anche una possibilità di trasgredirlo. Ma il salto oltreconfine non sarà logico né progressivo, sarà improvviso e assurdo. Celan smembra il linguaggio, lo rarefa, lo riaddensifica, è un chirurgo, il corpo è l’essere, il sangue la parola, lo rende simile ad uno spartito musicale, con fughe ed armonia disarmoniche, in modo da ottenere quell'analogia tra silenzio-musica-parola.

Vieni fino a noi sulle mani 
Chi è solo con la lampada 
Ha solo la mano per leggerci dentro 

Con questo invito finale richiamiamo alla memoria di tutti ciò che in fondo Celan ci ha lasciato in eredità: lo spasimo del reale identificato dalle parole che lotta ogni singolo istante con il vuoto insensato dell’universo.



Disponibile gratuitamente in formato PDF. (a breve anche in epub)

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