In questo libro prenderemo
in esame la storia e l’interpretazione delle stampe erotiche giapponesi,
che occupano un posto di assoluto rilievo all’interno del panorama
artistico di questa terra. Esse sono dette Shunga, ovvero “pitture della
primavera”, la primavera che in Giappone è noto possedere qualcosa di
mistico e decisamente erotico, un fascino che allude al rigoglio, al
desiderio di rinascita e quindi di copulazione, qualcosa che ha a che
fare con le energie più possenti dell’istinto della vita.
Storicamente la pittura erotica in Giappone viene ereditata dalla corte dell’antica Cina, con precisione quella dei periodi T’ang e Sung (VII-XIII), ma solo in Giappone quest’arte erotica fiorisce in tutto il suo splendore, poiché a differenza di quanto accadeva in Cina le arti erotiche non erano sottoposte al rigido controllo della morale, che imponeva principi restrittivi e religiosi, ergo gli artisti giapponesi potevano godere di una libertà che era negata ai loro colleghi cinesi, permettendo all’erotismo di fluire in tutta la sua forza, facendo emergere lati anche crudi della passione amorosa, in un vigorio montante che impregna le opere d’arte, una spirale di visceralità sconosciuta ai cinesi. Per circa un millennio dal IX fino alla fine del XIX secolo l’arte shunga è florida più che mai, delle opere più antiche ci sono state tramandate solo riproduzioni, le quali però ci hanno permesso di seguire lo sviluppo di quest’arte sin dagli albori.
Storicamente la pittura erotica in Giappone viene ereditata dalla corte dell’antica Cina, con precisione quella dei periodi T’ang e Sung (VII-XIII), ma solo in Giappone quest’arte erotica fiorisce in tutto il suo splendore, poiché a differenza di quanto accadeva in Cina le arti erotiche non erano sottoposte al rigido controllo della morale, che imponeva principi restrittivi e religiosi, ergo gli artisti giapponesi potevano godere di una libertà che era negata ai loro colleghi cinesi, permettendo all’erotismo di fluire in tutta la sua forza, facendo emergere lati anche crudi della passione amorosa, in un vigorio montante che impregna le opere d’arte, una spirale di visceralità sconosciuta ai cinesi. Per circa un millennio dal IX fino alla fine del XIX secolo l’arte shunga è florida più che mai, delle opere più antiche ci sono state tramandate solo riproduzioni, le quali però ci hanno permesso di seguire lo sviluppo di quest’arte sin dagli albori.
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